V&J #6 (Primavera 2013)

V&J #6 (Primavera 2013)


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Un caposaldo essenziale di tutta l’antropologia cristiana è l’inalienabilità della dignità della persona umana, dignità che, come insegna il Libro della Genesi, ha «la sua radice e la sua garanzia nel disegno creatore di Dio»1. Proprio a motivo di questa dignità inalienabile della sua persona, «l’uomo non deve essere costretto ad agire contro coscienza e non si deve neppure impedirgli, entro i limiti del bene comune, di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso »2. Anzi, secondo l’insegnamento sociale della Chiesa Cat - tolica, ed in particolare del Concilio Vaticano II3, la libertà di coscienza e la libertà di religione vanno riconosciute e sancite come diritti civili nell’ordinamento giuridico di ogni Stato, essendo entrambe da considerare come due «dei beni più alti e dei doveri più gravi di ogni popolo che voglia veramente assicurare il bene della persona e della società»4. Contro questi diritti civili fondamentali non è legittima alcuna costrizione e i limiti posti al loro esercizio dalle esigenze del bene comune di una società devono essere giusti, ossia conformi all’ordine morale oggettivo. Anche l’abbandono della propria Chie - sa o l’apostasia dalla propria religione, nonché il semplice passaggio da una confessione all’altra, vanno considerati, ed eventualmente regolati normativamente, a partire da questo angolo di visuale, fermo restando il principio dell’inalienabilità della dignità della persona umana.

I contributi pubblicati in questo sesto numero del Semestrale Interdisciplinare Veritas et Jus si pongono tutti in tale prospettiva, la cui importanza è stata sottolineata da Papa Francesco, nel suo primo discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: per creare spazi reali di libertà, solidarietà e fraternità «è fondamentale anche il ruolo della religione. Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio»5. Su questi temi è vitale intensificare il confronto non solo fra le varie religioni, ma anche con i non credenti, affinché «pur nella diversità, vinca il desiderio di costruire legami veri di amicizia fra tutti i popoli»6. Il Comitato di Redazione di Veritas et Jus intende farlo anche in futuro e proprio per questa ragione è stato allargato e reso ancor più internazionale e scientificamente qualificato, come si evince dalla seconda di copertina di questo numero. Buona lettura e buon confronto!